Atrio
Sala Pellegrini
Sala I
Sala II
Sala III
Sala IV
Sala V
Atrio
Sulla parete di fondo è stato collocato il grande affresco staccato della Crocifissione (1475/1485 ca.) che appartiene alla bottega di Antoniazzo Romano, proveniente dall’antica abbazia agostiniana di Santa Maria dell’Orto, che si trovava fuori delle mura cittadine. L’affresco mostra al centro, inquadrato in una finta architettura con un arco, l’immagine di Cristo crocifisso con sullo sfondo un paesaggio montuoso. A destra della croce si trova San Giovanni, a sinistra la Madonna e l’ignoto committente dell’opera che è di profilo ed in ginocchio, con in mano un berretto. L’affresco è danneggiato in parte dall’umidità che nei secoli ha portato a delle cadute di colore.

Torna su
Sala Pellegrini
Il servizio liturgico, in argento dorato, con smalti e pietre di diverso tipo e dimensioni, è stato realizzato a Parigi nel 1880 nella bottega di Henri Chevron. È composto da ostensorio, calice, pisside e ampolline. Il servizio liturgico è stato donato al museo dal dottor Marcello Pellegrini il 26 giugno 2003.


Sala I

La Croce Veliterna Secondo la tradizione, fu donata alla Cattedrale nel 1256 da Rainaldo de’ Conti, vescovo di Velletri e legato pontificio alla corte di Federico II in Puglia, che divenne papa nel 1254 con il nome di Alessandro IV.
La croce stauroteca (così detta perché doveva contenere una reliquia della croce) fu realizzata nella prima metà del XII secolo in ambito palermitano, come ci tramanda per primo Ascanio Landi nel 1564, riportando anche che la croce si esponeva solennemente alla popolazione due volte l’anno; in occasione dell’Ascensione e della festa di San Clemente.
L’opera presenta sul lato frontale una preziosa filigrana con perle e smalti ed un enkolpion centrale realizzato a smalti cloisonnés con Cristo crocifisso, la Vergine e dei Santi. Nella parte posteriore ci sono degli arabeschi filigranati, una pietra, perle e cinque medaglioni smaltati. Il piede, in argento dorato, è decorato da tre geni alati.
Nella stessa sala troviamo dei frammenti istoriati della penula appartenuta a Benedetto XI della fine del Duecento e le bande ricamate di una pianeta di manifattura fiorentina della prima metà del XVI secolo. Nella teca più grande della sala sono esposti 4 frammenti di Exultet risalenti al XII secolo.
Nella stessa teca è visibile una pergamena di scuola inglese della fine del secolo XIII formata da tre frammenti, arffigurante le scene delle Passione.Un’iscrizione, non leggibile chiaramente, in lingua francese indica i soggetti delle scene rappresentate ed i nomi dei Santi e dei Profeti dei medaglioni.
Nella stessa sala si trova il Monumento Funebre di Pellegrino Orsini della fine del Quattrocento. Fu realizzato da un ignoto scultore di formazione toscana e faceva parte probabilmente di un cenotafio commissionato dal padre del giovane, Gabriele, in seguito alla morte di Pellegrino e della madre, Elena Pucciaroni, durante la peste del 1485.
Il monumento, che si trovava nella cappella di San Biagio della Cattedrale, fu rimosso e smembrato nel Seicento e dell’antico corpus rimangono soltanto la statua del defunto giacente, due rilievi con stemmi e l’epigrafe.
Torna su
Sala II

Al centro della sala si trova il Busto Reliquiario di San Clemente I, papa e martire, santo patrono di Velletri, realizzato da Giuliano Finelli, aiuto di Gian Lorenzo Bernini nella realizzazione dei gruppi scultorei del Ratto di Proserpina e dell’Apollo e Dafne della Galleria Borghese. Il busto fu commissionato dal cardinale Domenico Ginnasi per la nuova cappella dei SS. Protettori della Cattedrale. L’opera, realizzata in ottone e rame, dorato e argentato è databile tra il 1632 ed il 1639. È notevole sia per le misure (è alta 118 cm) che per la qualità della fattura, testimonianza della perizia dell’artista anche nella realizzazione di oggetti di arredo liturgico. Secondo la tradizione, San Clemente I fu il papa che avvicinò gli abitanti di Velletri alla fede cristiana ed ancora oggi il 23 novembre, giorno della festa del patrono, il busto viene esposto sull’altare maggiore della cattedrale per essere ammirato dai fedeli.
Nella stessa sala sono esposte opere databili tra il Seicento ed il Novecento ed una serie di arredi liturgici donati alla cattedrale dai vescovi che si sono succeduti alla guida della diocesi. In una teca si trovano quattro pianete in tessuto prezioso, tutte del XVIII secolo, che sono una piccola selezione dei molteplici parati della collezione di tessuti del Museo. Nella teca più grande è visibile il piviale, del secondo quarto del XVIII secolo, con stemma del vescovo cardinale Francesco Barberini junior.
Nella altre teche si trovano dei servizi liturgici ed una serie di calici, tra cui quello appartenuto al cardinale Stefano Borgia, opera dell’argentiere Vincenzo Coaci, attivo a Roma alla fine del XVIII secolo. In una di queste teche è esposto il formale, decorato con perle, donato dal cardinale Macchi, che conserva la custodia originale in pelle foderata di velluto rosso con impresso lo stemma cardinalizio. Trova posto in questa sala anche un modesto frammento architettonico di quella che fu la Villa del cardinale Marzio Ginnetti distrutta in seguito agli eventi bellici ricordati.
Torna su
Sala III

Vi si trovano le tavole dal medioevo al XV secolo. La più nota è indubbiamente quella che raffigura una Madonna in trono con Bambino di Gentile da Fabriano. Fu trasferita nel 1633 dal Cardinale Domenico Ginnetti (forse proprio a causa della lacuna visibile sulla tavola, presente già dal Seicento) dalla chiesa romana dei Santi Cosma e Damiano ai Fori alla chiesa veliterna di Sant’Apollonia in occasione della consacrazione della stessa.
Per un’errata lettura della data di realizzazione, riportata nell’iscrizione sul retro della tavola, fu creduta a lungo compiuta durante il pontificato di Felice IV e posta in venerazione con il titolo di “Madonna della Vita” fino al 1913, anno in cui Lionello Venturi osservandola nella chiesa di Velletri l’ha restituita al catalogo di Gentile da Fabriano. L’opera, datata tra il 1426 e il 1427, grazie all’asportazione di una vecchia cornice durante il restauro del 1912, ha ritrovato la sua forma originale cuspidata. La tavola che si caratterizza per la realizzazione dei volti della Madonna e del Bambino, è l’unica rimasta del periodo romano dell’artista, essendo purtroppo perduti gli affreschi che aveva realizzato, e non terminato, per San Giovanni in Laterano. A destra dell’opera di Gentile si trova la Visitazione (1435) di Bicci di Lorenzo proveniente dalla cattedraledi San Clemente.
La Visitazione di Maria ad Elisabetta fu donato dal cardinale veliterno Stefano Borgia alla sua famiglia per essere posto in venerazione sull’altare della Cappella gentilizia in Cattedrale. La tavola faceva parte originariamente di un polittico, smembrato nei secoli scorsi, di cui restano solo la pala centrale e un tondo nella cuspide in cui è raffigurato Re Davide che suona la cetra. Nella stessa sala: il Salvator Mundi databile tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo e presente in cattedrale dalla fine del Cinquecento, è una delle repliche laziali più antiche dell’immagine Acheropita di Cristo del Sancta Sanctorum, di cui ripete non solo le forme ma anche le finalità liturgiche, e fino a oltre la metà del secolo scorso veniva portata in processione il 14 agosto. La tavola dei Quattro Santi Protettori, di ignoto della fine del XIV secolo, fino al 1636 copriva la cona o nicchia in cui era collocata ab antiquo la tavola trecentesca della Madonna delle Grazie in cattedrale. È formata da due sportelli e raffigura i quattro Santi Protettori della città: Clemente, Eleuterio, Geraldo e Ponziano. Sul retro erano dipinti due angeli con un giglio in mano. La Madonna con Bambino di ignoto del XIII-XIV secolo proveniente ab origine dall’abbazia agostiniana di Santa Maria dell’Orto è indicata nelle guide antiche come “Madonna di San Luca”. La critica moderna tende ad attribuirla al pittore pugliese Giovanni da Taranto attivo verso la fine del XIII secolo e gli inizi del XIV secolo. È visibile poi la Madonna del Gonfalone di ignoto della fine del XV secolo.
La tavola raffigura la Madonna seduta su di un trono rosso, al centro il Bambino Gesù, vestito con abiti regali, è seduto sulle sue ginocchia con le gambe incrociate, posa rara per raffigurazioni di questo tipo. L’opera è la testimonianza dell’origine della più antica delle Confraternite veliterne; quella dei Disciplinati di Santa Maria che poi mutarono il nome in Confraternita del Gonfalone.
Torna su
Sala IV

Vi sono collocate due tavole di Antoniazzo Romano; la Madonna con il Bambino, proveniente dalla cappella di Sant’Eleuterio della cattedrale, che viene giudicata come opera certa dell’artista: è databile agli anni Ottanta del XV secolo e veniva venerata come Madonna del Soccorso.
La seconda Madonna con il Bambino (1486) costituisce una testimonianza dell’attività di Antoniazzo come copista di icone mariane ed è una copia dell’icona bizantina di Sant’Agostino a Roma. Collocata originariamente nella Cappella della Concezione nella Cattedrale, dove ora si trova una copia della stessa, venne dipinta dall’artista nel 1486 su commissione del Capitolo in seguito al Voto fatto dalla Città di Velletri per invocare la fine della pestilenza che flagellò la città dal 1483 al 1486. Nella stessa stanza troviamo il Trasporto della Santa Casa di Loreto di Giambattista Rositi del 1500, come risulta nella firma sul basamento del baldacchino. Proveniente dalla chiesa di Santa Maria del Trivio si trovava in origine nella chiesa di Santa Maria dell’Orto.
L’iconografia è quella della tradizionale leggenda che racconta del trasporto della casa della Madonna da Nazareth a Loreto nel 1294 da parte degli angeli, dopo un viaggio durato tre anni. Il modello è tipicamente quattrocentesco; con la Madonna ed il Bambino dentro un tempietto che gli angeli trasportano in volo. La tavola, datata e firmata, di Francesco da Siena della Madonna col Bambino tra i Santi Pietro e Paolo fino alla metà del XVIII secolo si trovava sull’altare maggiore della chiesa veliterna di Santa Maria del Trivio. L’opera, eseguita su commissione del vescovo cardinale Giovanni Domenico De Cupis, ha come soggetto la Madonna con il Bambino in gloria tra gli apostoli Pietro e Paolo ed allude alla nascita del popolo di Dio e all’ istituzione della Chiesa con rimandi iconografici al tema dell’Assunzione.
Nella predella è raffigurata la Discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli nel Cenacolo. Nella stessa sala: una Sacra Famiglia di scuola bolognese degli inizi del XV secolo che proviene dal Fondo Corsini, documentata a Velletri dal 1928, che si avvicina stilisticamente al periodo bolognese della bottega di Lorenzo Costa e la Madonna con il Bambino e i Santi Giovanni Battista e Lucia proveniente dalla chiesa di Santa Lucia, della Scuola di Francesco Raibolini detto il Francia. L’opera, forse di mano del figlio Giacomo o copia di qualche esemplare del maestro, è databile al terzo decennio del XVI secolo. Fino al 1595 si trovava sull’altare maggiore della chiesa di Santa Lucia in Velletri.
Torna su
Sala V
È la galleria del museo dedicata alle grandi tele dal XVII al XX secolo. La Giuditta con la testa di Oloferne copia del Reni è una raffinata copia del XVIII secolo dell’originale seicentesco (che si trova a Ginevra nella collezione Sedmajer) e proviene dalla chiesa veliterna di San Lorenzo. Differisce rispetto all’originale per il tendaggio in alto a destra e per le ferite molto evidenziate di Oloferne. L’opera giunse a Velletri grazie alla donazione di qualche famiglia veliterna o romana.

La figura di Giuditta che salva il suo popolo può essere avvicinata nel suo ruolo alla figura della Vergine e ben si prestava ad un luogo sacro. La caduta di San Paolo di Giovan Battista Lenardi proviene dalla distrutta chiesa di San Giovanni Battista detta dell’Ospedale perché dell’ordine ospedaliero del Fatebenefratelli. Il quadro fu commissionato dal canonico Paolo Ulisse al Lenardi, allievo del cortonesco Lazzaro Baldi. San Paolo, raffigurato nell’opera ed omonimo del committente, incarna la figura del condottiero che si avvicina alla fede dopo la conversione, così come San Giovanni di Dio, fondatore dell’ordine del Fatebenefratelli.
L’Immacolata Concezione della fine del XVII secolo è una copia speculare dell’opera che Pietro da Cortona, con la collaborazione di Ciro Ferri, realizzò per la chiesa di San Filippo a Perugia. Il fatto che sia in controparte rispetto all’originale, fa pensare che l’artista l’abbia realizzata non avendo come modello l’opera cortonesca. Probabilmente l’ignoto artista ebbe come modello l’incisione che François Spierre eseguì per il Messale di Alessandro VII Chigi che non solo è stata realizzata specularmene rispetto all’originale, come l’opera qui esposta, ma che rispecchia anche le differenze rispetto all’originale cortonesco. Del San Biagio e Sant’ Agostino non conosciamo la provenienza né l’autore ma viste le grandi dimensioni si pensa ad una collocazione su un altare dedicato ad uno dei Santi rappresentati. Stilisticamente si colloca nell’ultimo quarto del XVII secolo ed in ambito romano, viste le influenze cortonesche e marattesche. La Madonna realizzata su una pianella romana è una donazione del 10 ottobre 2000 di Marcella Mameli, pronipote di Goffredo, al museo e riporta sul retro la scritta “A di 5 settembre 1739 Jo P. Antonio Maria [...] Priore regalai questa immagine all’altare della Madonna”. Non si hanno notizie della provenienza e dell’artista che ha realizzato l’opera.
.jpg)
La tela cinquecentesca del Perdono d’Assisi opera di Frans van de Casteele è entrata a far parte della collezione del museo il 23 settembre del 2007 grazie alla donazione del Prof. Marcello Ilardi e famiglia.
L’opera datata 1595 è stata dipinta a Roma sotto la commissione di Clemente VIII e fino al 1983 è stata conservata nella chiesa del convento dei cappuccini di Collevecchio. La Circoncisione realizzata tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento fa pensare che sia stata eseguita da più mani. Sono presenti diversi elementi tipicamente romani (i putti che ricordano il Gaulli, il tendaggio berniniano, i personaggi barbuti tipicamente barocchi) e toscani (le figure femminili in primo piano). La Moltiplicazione dei pani e dei pesci è attribuibile ad Ignoto di scuola romana del XVII secolo.
Fu donata al Museo Capitolare dal Ministro dell’Educazione Nazionale in occasione della sua apertura al pubblico nel 1927. Al centro della sala si trova la Madonna del Rosario con i Santi Domenico, Caterina da Siena e Giovanni Battista, opera di Sebastiano Conca. Il pittore, nato a Gaeta, giunse a Roma dopo essersi formato presso la bottega napoletana di Francesco Solimena e ricevette l’incarico di realizzare la tela nel 1741 dalla famiglia veliterna dei Fiscari, che aveva il patronato della

cappella di San Giovanni Battista, sede anche della Confraternita del SS. Rosario.
La doppia intitolazione della cappella è chiara anche nell’iconografia dove, accanto alla Madonna e al Bambino con il Rosario, compaiono San Giovanni Battista insieme a San Domenico e Santa Caterina da Siena. Il dipinto rimase nella cattedrale fino al 1962, anno in cui la cappella cambiò dedicazione. La Madonna con il Bambino (detta di Costantinopoli) e i Santi Eleuterio, Clemente, Ponziano e Geraldo fu realizzata da Domenico Tojetti nel 1840 per la cappella della cattedrale, detta del Suffragio, dedicata alla Madonna di Costantinopoli e ai Santi Protettori della città. Di fronte si trovano due lunette mariane con l’Annunciazione e l’Incoronazione della Vergine di Luigi Fioroni commissionate all’artista per la cappella di Santa Maria delle Grazie della cattedrale tra il 1836 e il 1837. La visita al Museo Diocesano di Velletri si chiude con la sezione dedicata all’arte devozionale: esempi sono gli stendardi e le croci processionali innalzati dalle Confraternite, gli ex voto e tutte quelle opere che sono nate dalla devozione del popolo verso i suoi Santi.
In questa area al momento sono esposti due paliotti d’argento opera dell’argentiere romano Gioacchino Belli, e lo Stendardo processionale che ritrae due episodi della vita di san Francesco con scene e costumi del Seicento dipinto da Giuseppe Della Valle nel 1826: nella parte frontale San Francesco che presenta la regola a Onorio III, nel retro Francesco che riceve le stimmate.
Torna su
Atrio
Sala Pellegrini
Sala I
Sala II
Sala III
Sala IV
Sala V